domenica 20 ottobre 2024

Praga, le immagini delle emozioni. Terza parte: Praga la Shoah ed il quartiere ebraico.

 


Memoria della Shoah, storia e bellezza del quartiere ebraico.


Ha patito duramente la popolazione ebraica, durante l'occupazione nazista. Malgrado la grandezza di quella storia a Praga.

Pinkas Synagogue

The Pinkas Synagogue is the second oldest preserved synagogue in Prgue.

Built in the late Gothic style in 1535, it was founded by Aaron Meshulam Horowitz, a prominent member of the Prague Jewish Community, and probably named after his grandson, Rabbi Pinkas Horowitz. It was originally a place of prayer for the Horowitz family and was located near a ritual bath (mikveh). It was restored to its original form in 1950-54. 


Memorial to the Victims of the Shoah from the Czech Lands

In 1955-60 the Pinkas Synagogue was turned into a memorial to the nearly 80,000 Jewish victims of the Shoah from the Czech lands. One of the earliest memorials of its kind in Europe, it is the work of two painters, Václav Boštík and Jiří John. After the Soviet invasion of 1968, the memorial was closed to the public for more than 20 years. It was fully reconstructed and reopened to the public in 1995 after the fall of the Communist regime.


"Benvenuto" al Memoriale della Shoah.

Interno della Sinagoga

Memoriale della Shoah con l'indicazione dei campi di sterminio.

Finestra sul cimitero ebraico, sotto uno degli elenchi delle vittime praghesi della Shoah.

Particolare del Memoriale

Gli elenchi delle vittime praghesi della Shoah sono interminabili, sono cica 80.000 nomi, ricoprono pareti e pareti a monito della Banalità del Male.

Particolare del Memoriale, uno sguardo verso il fuori.

Il gotico nelle ristrutturazioni della Sinagoga.

Il gotico nelle ristrutturazioni della Sinagoga.

Il gotico nelle ristrutturazioni della Sinagoga.

Veniamo ora all'evidenza della peggiore brutalità.

Nel Memoriale ci sono gli ambienti che mostrano, a monito contro l'oblio, delle testimonianze dei bambini deportati e spesso martoriati ed uccisi dalla furia nazista.

In queste valigie sono stati ritrovati gli effetti personali e le testimonianze innocenti dei bambini ebrei straziati. Ce ne sono diverse nel Memoriale, recuperate sono state una fonte importante della documentazione di ciò che è avvenuto. Le valige riportano nomi, indirizzi delle famiglie.

Disegni realizzati dai bambini durante la triste permanenza nei campi di sterminio, sono testimonianza viva di ciò che avvenne.

Disegni realizzati dai bambini durante la triste permanenza nei campi di sterminio, sono testimonianza viva di ciò che avvenne. In questo disegno la raffigurazione di Caino e Abele, mostra tutta la coscienza dei bambini nel subire la Shoah.

Disegni realizzati dai bambini durante la triste permanenza nei campi di sterminio, sono testimonianza viva di ciò che avvenne. Qui anche degli effetti personali-

Disegni realizzati dai bambini durante la triste permanenza nei campi di sterminio, sono testimonianza viva di ciò che avvenne.

Disegni realizzati dai bambini durante la triste permanenza nei campi di sterminio, sono testimonianza viva di ciò che avvenne. Chi ha mentito  non può essere creduto.

Cimitero ebraico.

È stato per oltre 300 anni, a partire dal XV secolo, l'unico luogo dove gli ebrei di Praga potevano seppellire i loro morti. Le dimensioni attuali sono all'incirca quelle medievali e nel tempo si è sopperito alla mancanza di spazio sovrapponendo le tombe, perché il cimitero non poteva espandersi fuori dal perimetro esistente, per l'editto napoleonico.

 Durante l'occupazione tedesca, il cimitero fu risparmiato: infatti le autorità tedesche decisero che sarebbe rimasto a testimonianza di un popolo estinto.

In alcuni punti si sono sovrapposti fino a 9 strati di diverse sepolture; le lapidi venivano staccate dal suolo, veniva ammonticchiata della terra per una nuova sepoltura, veniva rimessa la vecchia lapide e in più quella nuova a fianco. Non di tutti rimane una lapide.

La densità di lapidi, tardogotiche, rinascimentali, barocche, l'una quasi contro l'altra, il silenzio del luogo e la scarsa illuminazione (le lapidi sono quasi tutte all'ombra, oscurati dalle fronde degli alti sambuchi che crescono nel cimitero) creano un effetto unico con un'aura spettrale.

Le tombe consistono esclusivamente di una lapide di arenaria o di marmo (quelle più importanti) piantata nella terra. Nessun ritratto, perché la religione ebraica lo vieta. Solo disegni simbolici per indicare la professione o le qualità del defunto: forbici per sarti, pinzette per i medici, mani che benedicono per i sacerdoti e poi tanti animali per chi si chiamava Volpi, Orsi e così via.

Oggi si contano circa 12.000 lapidi, ma si ritiene che vi siano sepolti oltre 100.000 ebrei, la più antica è quella di Avigdor Kara del 1439, l'ultima è quella di Moses Beck del 1787.

La tomba più visitata è quella di Rabbi Löw, dove i visitatori si fermano a pregare e lasciano sulla lapide i tradizionali sassi, oltre a monete e biglietti che esprimono i loro desideri.

Nel muro del cimitero sono inseriti frammenti di lapidi gotiche provenienti da un cimitero ancora più antico, scoperto nella Città Nuova, in via Vladislavova, nel 1866.

A questo cimitero è dedicato un capitolo del libro di Giuseppe Marcenaro Cimiteri. Storie di rimpianti e di follie e ad esso è altresì intitolato un romanzo di Umberto Eco.



Lapidi nel cimitero con la luce "guidata" dagli alberi di sambuco.

Lapidi nel cimitero con la luce "guidata" dagli alberi di sambuco.

Lapidi nel cimitero con la luce "guidata" dagli alberi di sambuco.



Lapidi nel cimitero con la luce "guidata" dagli alberi di sambuco.

Lapidi nel cimitero con la luce "guidata" dagli alberi di sambuco.

Lapidi nel cimitero con la luce "guidata" dagli alberi di sambuco.

Lapidi nel cimitero con la luce "guidata" dagli alberi di sambuco.

Lapidi nel cimitero con la luce "guidata" dagli alberi di sambuco, sullo sfondo la sala delle cerimonie.

Lapidi nel cimitero con la luce "guidata" dagli alberi di sambuco.

Lapidi nel cimitero con la luce "guidata" dagli alberi di sambuco, sullo sfondo la sala delle cerimonie vista dall'interno del cimitero.

Lapidi nel cimitero con la luce "guidata" dagli alberi di sambuco.

La sale delle cerimonie vista dall'esterno. Si mostra con una presenza potente.

Sinagoga spagnola Moresca.

La Sinagoga Spagnola è l’ultima in ordine cronologico ad essere stata edificata nella zona del vecchio ghetto di Praga. Sul sito dell’attuale sinagoga c’era probabilmente la sinagoga più antica di Praga, conosciuta come la Vecchia Scuola.

Poiché nella seconda metà dell’Ottocento la sua capienza non era più sufficiente alle esigenze della comunità ebraica riformata che all’epoca la utilizzava, fu demolita nel 1867 e sostituita un anno dopo dalla Sinagoga Spagnola, il cui nome deriva dallo stile moresco in cui è stato costruita.

Nonostante l’ipotesi diffusa, la sinagoga spagnola (né qualsiasi altra sinagoga nelle terre ceche) non è mai stata una sinagoga per una comunità sefardita (non è mai esistita sul territorio della Repubblica ceca) né i servizi hanno avuto luogo qui secondo il rito sefardita 

Attualmente, la sinagoga ospita una mostra del Museo Ebraico di Praga, che presenta la storia degli ebrei in Boemia e Moravia dall’inizio dell’emancipazione ebraica nelle terre ceche fino al XX secolo. Spesso la sera è possibile entrare per ascoltare concerti.

Quello che può colpire è l'assonanza delle luci, le decorazioni, i colori con le architetture, il folklore, i riti presenti nel Sud dell'Italia.

A dimostrazione che ci sono tratti di culture indipendenti da fedi e credenze, che si esplicano in maniera simile malgrado le supponibili differenze.

Un riconoscimento ed un invito a superare gli steccati artificiosi creati a difesa di piccoli campanilismi.

Particolari degli interni della Sinagoga moresca, con le luci che ricordano le culture presenti anche nel Sud Italia nei luoghi religiosi..

Particolari degli interni della Sinagoga moresca, con le luci che ricordano le culture presenti anche nel Sud Italia nei luoghi religiosi. Sembrano risuonare anche le voci dei muezzin.



Sinagoga moresca, con le luci che ricordano le culture presenti anche nel Sud Italia nei luoghi religiosi..

Particolari degli interni della Sinagoga moresca, con le luci che ricordano le culture presenti anche nel Sud Italia nei luoghi religiosi..

Geometrie sulla fede. 

Sinagoga spagnola-moresca di Praga. Il cielo incombe come un occhio con la geometria creata da un uomo.



Sinagoga Vecchia-Nuova

Costruita verso la fine del XIII secolo dalle maestranze dell'officina imperiale che lavoravano nel vicino monastero di Sant'Agnese, la sinagoga è una prova dell'importanza che già allora rivestiva la locale comunità ebraica. In origine venne chiamata "Sinagoga Nuova", o "Sinagoga Grande": quando, a partire dal XVI secolo, vennero costruiti nuovi luoghi di culto ebraici, si cominciò a designarla come "Vecchia-Nuova" (in yiddish: אלטנוישול, Altneuschul).

Poiché la sinagoga Vecchia-Nuova è sempre stata la principale sinagoga della comunità ebraica praghese, in questo edificio pregarono e predicarono i più importanti rabbini dei tempi: nel XVI secolo Eliezer ben Eliyahu Ashkenazi, Mordechay ben Avraham Yoffe, Yehudah ben Bezalel e il suo allievo principale Yom-Tov Lipmann Heller, autore di un importante commento alla Mishnah; più tardi, l'importante rabbino praghese Yechezkel Landau, e il rabbino Shlomo Yehudah Kohen Rapoport, eminente rappresentante della Haskalah (l'"Illuminismo ebraico")..

L'edificio gotico (tra l'altro uno dei primi testimoni del gotico nella capitale ceca) fu costruito all'incirca nel 1270 e si è conservata fino a noi quasi nel suo stato originale.

La sinagoga Vecchia-Nuova è il più antico esempio conservato di sinagoga medievale a due navate. Si tratta di un edificio a pianta rettangolare, con alto tetto a due spioventi e un frontone gotico a gradoni. L'edificio è circondato, su tre lati, da bassi vani che fungono da atrio della sinagoga (a sud) e come area riservata alle donne (a nord). Questi spazi sono collegati all'aula principale da strette aperture, che permettevano per esempio alle donne di seguire la liturgia. Il piano della navata centrale è di qualche gradino più basso rispetto al livello del terreno circostante: secondo la tradizione, è un simbolo di umiltà.


Particolari degli interni della Sinagoga Vecchia-Nuova, la camera del tesoro e delle reliquie.

Particolari degli interni della Sinagoga Vecchia-Nuova, lo scranno rimane vuoto per rispetto dei rabbini del passato.

Interni della Sinagoga Vecchia-Nuova, Pulpito per il Chazan 

Interni della Sinagoga Vecchia-Nuova, Bimah

Interni della Sinagoga Vecchia-Nuova, Bimah





L’orologio della Torre del Municipio della città ebraica a Praga, con due quadranti. uno che reca i numeri romani e l’altro invece l’alfabeto ebraico.

Nella lingua ebraica le lettere dell’alfabeto (aleph, beth, ghimel, dalet ovvero gli equivalenti delle nostre A, B, G ecc.) fungevano anche da numeri.

La particolarità di questo orologio è che funziona al contrario, l’ebraico infatti si legge da destra verso sinistra e quindi anche le lancette funzionato al contrario ovvero in senso antiorario.


Torre del Municipio della Città Ebraica.

Però Praga dimostra tutta la sua grandezza culturale mitteleuropea, così troviamo accostate persone che altrove non è possibile trovare vicine, persone appartenenti ad etnie che che sembrano irriducibilmente inconciliabili.


Segni della Storia.

lunedì 14 ottobre 2024

Praga, le immagini delle emozioni. Seconda parte: Praga e la Libertà.






 Praga e la libertà


Praga ha la sua storia che le consente di essere un inno alla libertà, così malgrado i fatti del 1968 i giovani a Praga hanno costruito e vissuto questo, inno alla libertà ed alla pace.

La sensazione è che certi momenti durino eternamente, come l'abbraccio fra i movimenti del '68 nel mondo occidentale e i movimenti del '68 oltre cortina.

Fu una grande fiammata che per anni ha prodotto un cambiamento reale nella vita di tutti, Da Washington e la West Coast all'Est Europa, passando per le piazze di tutti i paesi.

La musica, l'arte, la vita di tutti i giorni furono rivoluzionate in modo travolgente, malgrado i tentativi di mettere la mordacchia da parte di perbenisti, ipocriti che proclamavano libertà che non erano tali, l'instaurazione ed il mantenimento di regimi tristi.

Le conseguenze furono dirompenti, portarono alla fine di guerre atroci contro il volere dei popoli, l'Europa si liberò di regimi illibertari in modo incruento.

Le persone divennero più libere anche se nuove modalità di imporre modelli sterotipati e omologanti, a colpi di spot pubblicitari, riuscirono ad allontanere nella memoria quello che accadde, per molto tempo.

Parole come pace, amore e libertà divennero le colonne sonore della vita.

"Imagine" ne fu il simbolo.
" Oggi quella canzone è vita autentica nelle nostre giornate che muoiono nella vigliaccheria, nell’indifferenza, nella superficialità. Nell’arrogarsi il diritto di negare o togliere diritti a chi non la pensa come noi. Le canzoni sono più sagge di tanti politicanti chiacchieroni. Sono più rivoluzionarie di tanti anarchici allo sbaraglio e sono più misericordiose di tanti ecclesiastici infernali. Le canzoni parlano e fanno paura. Svegliano le coscienze. E non hanno età. Perché la libertà e la pace non sono un premio a tempo ma una conquista giornaliera.

C’è un muro che racconta tutto questo. E’ emozione che parla se la sai ascoltare. E’ a Praga, nascosto a ridosso del Ponte Carlo. In origine era un semplice muro della città. Bianco, intonso, arido come tanti altri. Come quasi tutti gli altri. Poi, alla morte di John Lennon, a partire dagli inizi degli anni ’80, quel muro s’infiamma, si colora, prende il coraggio di contrastare il regime comunista allora al potere.

Un muro, un semplice muro che usa le parole di John Lennon e frasi delle canzoni dei Beatles per farsi portavoce di un’altra storia. Di pace e amore. Di democrazia e fratellanza. I giovani su quel muro disegnano e spiegano la loro voglia di futuro. Dove non c’è una dittatura di pensiero ma un’idea democratica di condivisione. John Lennon un mondo migliore non solo lo aveva immaginato ma lo aveva promosso in prima persona.

Quel muro da subito diventò un passaparola e una meta per i giovani di tutto il mondo che qui facevano tappa per cantare, scrivere, sognare. Quel muro diventò un manifesto del buon vivere e come tale iniziò a dare fastidio.

Oggi quel muro è più attuale che mai. Ci sono passata davanti qualche giorno fa. E’ un esperanto di graffiti e scritte. Una bandiera senza bandiere perché è il mondo che ci parla dentro. Con semplici spray e senza comizi.  E se siete fortunati, come lo sono stata io, ci trovate un giovane con la chitarra a cantare Lennon e i Beatles. Ed è spontaneo unirsi a lui. Orientali e occidentali. Giovani e meno giovani. Intonati e stonati. Magicamente insieme. Perché alla fine, davvero, all you need is love." (Paola Pellai https://faremusic.it/2016/02/18/all-you-need-is-love/)


Visioni totali del muro oggi, che testimoniano come molti giovani e giovanissimi abbiano raccolto il testimone.

Visioni totali del muro oggi, che testimoniano come molti giovani e giovanissimi abbiano raccolto il testimone.

Turista incurante del mondo fuori che rimira la storia boema. O forse attende i curiosi della storia boema per procedere verso il mondo fuori.

Una risata seppellirà gli autoritari. Attendiamo pazienti, perché l'ironia resiste al tempo.

La voglia di pace e coesione vigila sui buffi autoritari.

Giovani e giovanissimi hanno raccolto il testimone e continuano l'opera.

Anche praghesi doc ammirano i particolari incuriositi. Sotto immagini apocalittiche e slanci verso la libertà.



Turisti testimoni allegri e giovani serie nella riflessione.


P
Perfetta sintonia col luogo.


Ne ha da raccontare Praga sulla libertà.
1969.

 Il giorno seguente, giovedì 16 gennaio, si recò a Praga. Passò la mattina nel dormitorio studentesco di Spořilov, scrivendo prima una brutta copia e poi quattro lettere, di cui una indirizzata all'Unione degli scrittori cecoslovacchi, una a Lubomír Holeček e una al suo amico Ladislav Žižka, mentre portò con sé l'ultima. Salutò con disinvoltura i suoi compagni di stanza e uscì. Imbucò le lettere, insieme ad una cartolina indirizzata a Hubert Bystřičan, con cui aveva fatto amicizia in Kazakistan durante la brigata in URSS. La cartolina contiene un breve saluto ed è firmata "il tuo Hus". Mangiò in via Opletalova, in una mensa studentesca. Dopodiché acquistò due contenitori di plastica bianca che fece riempire di benzina nella stessa via Opletalova. Nel pomeriggio si recò in piazza San Venceslao, al centro di Praga, e verso le ore 14:25 si fermò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale, dove depose il suo cappotto e la borsa, contenente la sua lettera e alcuni altri oggetti. Aprì con un coltello una bottiglietta di etere e ne annusò il contenuto, poi si cosparse il corpo di benzina e si appiccò il fuoco. In fiamme, saltò il parapetto che all'epoca si trovava davanti alla fontana e corse verso la statua di San Venceslao al centro della piazza, sotto gli occhi dei passanti. Fu quasi urtato da un tram e deviò in direzione del negozio di alimentari Dům potravin. A soccorrerlo fu Jaroslav Špírek, un tranviere, che spense le fiamme con un cappotto, aiutato poi anche da altre persone. Immediatamente, il ragazzo chiese ai presenti di leggere la sua lettera, temendo che le autorità l'avrebbero fatta sparire se ne avessero avuto l'occasione. Presto arrivò un'ambulanza che portò il giovane, ancora pienamente cosciente, dapprima all'ospedale situato in piazza Karlovo Náměstí, dove però non fu ricoverato. Data la gravità delle sue ferite, che ricoprivano l'85% del suo corpo, i medici lo trasferirono immediatamente al reparto grandi ustionati della Clinica di chirurgia plastica di via Legerova, dove passò gli ultimi giorni della sua vita in una stanza singola, per ridurre al minimo il rischio di infezioni. Le prime parole che rivolse ai medici sull'ambulanza furono "Non sono un suicida!". Insistette anche in seguito che il suo gesto era una protesta, un grido alla coscienza della nazione, non un tentativo di suicidio motivato da un disagio personale.

La sera stessa fu trasmesso alla radio un comunicato con la notizia che uno studente aveva tentato di suicidarsi con il fuoco in piazza San Venceslao. Furono rese pubbliche solo le iniziali J.P. del suo nome.

«Non dovremmo essere troppo presuntuosi. Non dobbiamo avere un’opinione troppo grande di noi. L’uomo deve lottare contro quei mali che può affrontare con le sue forze.»

“Pomeriggio capriccioso. / È più che un nuovo Prometeo colui che stanno portando in giro. / Gli occhi sono un argine sfondato. / Piango – nella pioggia – sul marciapiede. / Per tutto./ Per i ventun anni, / per il fiore primaverile abbattuto dai soldati stranieri, / per l’Uomo che rifiutò di tornare indietro, /... È gennaio 1969.“

Jan Zajíc, da una poesia a Jan Palach

Il 25 febbraio 1969 Jan Zajíc, studente di un Istituto tecnico a Šumperk, si cosparse di un liquido infiammabile e si dette fuoco in un‘abitazione in Piazza San Venceslao a Praga. Seguì consapevolmente l’esempio dell’auto-immolazione di Palach, avvenuta nel gennaio dello stesso anno. Non riuscì ad uscire dall’edificio e morì sul posto.



In memoria di Jan Palach a piazza San Venceslao. Il luogo del martirio raccontato con semplice gravità.

 In memoria di Jan Palach e Jan Zaijc a piazza San Venceslao. Le torce umane contro le dittature.
https://youtu.be/FmUgOE_i73Q?si=fSwJeMMgI7-TDVZy

Ho visto un re

  A girar per la città vengono strane idee. Statue equestri, busti, colonne, monumenti in pietra. Vestigia per mostrar grandezza in Piazza U...